Recensione [BRAND NEW]: "Il Mio Gioco Preferito" di Federica Bembo
La silloge poetica di Federica Bembo, autrice fiorentina, "Il mio Gioco Preferito", edita da Edizioni Ensemble, parte subito con il botto. La definizione di Artista come premessa: visione che offre una prospettiva provocatoria e cinica sul ruolo, presentandolo come un essere emarginato che sfrutta la propria desolazione per offrire un ritratto originale della società. L'autrice sottolinea una dinamica paradossale: l'artista, pur cercando di interpretare il mondo attraverso la sua sofferenza, può essere accolto dal prossimo solo se la sua espressione riesce a conquistare riconoscimento e apprezzamento. Tuttavia, questa vanagloria sembra non poter soddisfare l'artista a causa della sua percezione instabile di sé, radicata in una "ostinata e viscerale sfigaggine". La definizione suggerisce che l'essenza dell'artista risieda nella sua incapacità di adattarsi a una felicità convenzionale, poiché la sua vera aspirazione è esprimere la sua disperazione. In un ribaltamento crudo e quasi ironico, l'artista diventa una figura che permette agli altri di dimenticare la morte ed essere scioccamente superficiali, sacrificandosi per questo scopo. L'autrice conclude con una riflessione inquietante sulla consolazione che la società trova nel vedere la morte prendersi la sua rivincita sull'artista, sottolineando una forte critica del ruolo dell'arte e della sofferenza nella cultura umana.
Lancio come pietre in uno stagno degli estratti, che mi hanno colpito profondamente.
"...Ora sarà passato un anno. Sono ancora depressa. Però anche se la tristezza è un vizio, anche se continuo a tagliarmi di nascosto e a fare sogni strani, riesco a ricordarmi che ho solo tredici anni, tutta la vita davanti e qualcuno che mi vuole bene. Anche se non sono io. (Era Solo Un Sogno)" richiama un passato di alcune correnti poetiche molto significative quali il simbolismo e il romanticismo. Oppure "Dio è una metafora dell’uomo? O l’uomo una metafora di dio? Questa è la caduta di dio. Ma se fossero vere entrambe? Forse stiamo pensando troppo forte. Andato è l’uomo, andato è dio. La metafora rimane (Dipartita)", a seguire "...la cura per la pazzia esiste da sempre ed è solo altra pazzia (Ascesa)". Siamo davanti a temi importanti, che non tutti hanno il coraggio di affrontare.
Abbiamo poi "Sei qui, sei adesso, sta succedendo: tutto succede e ne sei parte. Ed il tuo onirico volo, riconoscilo, è l’umanità intera allo specchio (A te che in sogno voli)", e poi "...Forse il nuovo giorno ricorderà questa notte, e la stella scomparsa che voleva solo viaggiare ( Viaggio Speculare", oppure "...Mi sento fremere e disperdere. Non mi tengo insieme. Vorrei essere la persona orgogliosa che ero, che sognavo, ma non c’è più. Ora c’è solo la consapevolezza che siamo troppo, siamo poco, siamo niente (Cosa ho visto nella serratura). Molto dolore fuoriesce dal derma, come inchiostro di un tatuaggio molto marcato.
C'è una cura, riprendersi la propria anima attraverso la natura."...Le foreste mi chiamano: sento l’odore delle rose, il sole sulla pelle! Se non fosse, che sono ferma. Se non fosse, che sono stanca. Se non fosse che sono sempre qui. La poesia è la mia preghiera (preghiera incisa)", parallela a frasi da canzone come "Mostrami come è bello distendersi su una parola", oppure "Ho fatto una promessa. Continuerò a vivere.".
Segue una sezione dove l'amore esploso, represso, passionale diventa protagonista, ma poi si ritira.
Si riparte con l'ottima idea di fare di versatilità virtù, oltre che una buona dose di presa per il culo, una rivisitazione de l'infinito (Leopardi), Il mestiere di Vivere (Pavese) e Quest'anno (Hikmet); il talento c'è e si sente, quasi si tocca, così come una sofferenza presente e passata che alcuni brani sprigionano.
Il rapporto con Dio è particolare, quasi fosse inutile eppure artefice di tanti caos presenti in questo labirinto che chiamiamo mondo.
Chi scrive ha trovato un piccolo capolavoro in questa taccolta, ed è 1=2 "Il nostro male è fiorito ma è tardi, troppo per farne un Eden, per farne un Inferno, per farne un harem. La Terra esplode muore e gode. Lo teniamo fra le mani questo buco nero al contrario...Io ti parlo ma non mi senti ti nutro ma mi menti ti menti e dimentichi la storia, la gloria, la gioia del Piacere. Sì, vivere è un piacere e tu te ne freghi, ti ubriachi col Dolore...Ti lascio la Croce, ti lascio la Pace E l’ultima parola puoi dirla alla Morte mentre te la scopi. Così l’Uomo esplode muore e gode Di lui rimane l’oblio Una meta mancata Una metafora che obliqua fugge il telescopio e lo taglia a metà (1=2)".
Questa silloge è la prova di come la poesia possa curarci dal dolore esistente ed esistenziale, un tema ricorrente nella letteratura e nella musica. Attraverso versi intensi e appassionati, l'autrice esplora l'esperienza umana del dolore e della sofferenza, ma anche la possibilità di trascendenza e guarigione che la lirica offre.
L'estratto "Ora sarà passato un anno..." suggerisce una consapevolezza emergente della giovinezza e del potenziale futuro, nonostante una battaglia interna con la depressione. Questa lotta è resa ancora più potente dalla consapevolezza del sostegno altrui, anche se non sempre lo si trova in se stessi. Questo tema è stato esplorato anche da poeti come Sylvia Plath, la cui opera spesso riflette un profondo dolore personale intrecciato con un desiderio di riconciliazione e speranza.
Nei versi "Dio è una metafora dell’uomo? O l’uomo una metafora di dio?", la complessità del rapporto con il divino viene affrontata in modo simile a come Leonard Cohen, nella sua musica e poesia, esplora temi di spiritualità, religione e il caos del mondo moderno. La riflessione sulla caduta di Dio e dell'uomo suggerisce una ricerca di significato in un universo apparentemente indifferente.
La frase "...la cura per la pazzia esiste da sempre ed è solo altra pazzia" riecheggia il sentimento espresso da poeti come Charles Bukowski, che trovava nella scrittura un modo per canalizzare la sua lotta con la follia e l'alienazione. Allo stesso modo, la poesia diventa uno strumento di sopravvivenza e ribellione contro le forze che cercano di sopraffarci.
Il tema dell'appartenenza al presente, "Sei qui, sei adesso...", riflette una consapevolezza e la ricerca di significato attraverso testi evocativi, talvolta all'estremo. La poesia, come la musica, diventa un mezzo per riconnetterci con la nostra umanità e il nostro posto nell'universo, utilizzando immagini potenti e un linguaggio provocatorio. Questa capacità di sfidare e interrogare la realtà è una caratteristica anche della musica rock, dove molte band con un senso e non sputtanate hanno spesso usato i loro versi per esplorare il dolore esistenziale e la disillusione, offrendo al contempo un senso di catarsi e connessione.
Federica Bembo è un talento che segue questa scia, offrendo un mezzo per esplorare, comprendere e, in ultima analisi, accettare la complessità della nostra esperienza umana. Attraverso l'intersezione di parole e concetti, ci si ritrova quasi senza scampo, ma con la speranza perpetua di trovare conforto e un qualche tipo di fede in un mondo incerto e caotico. Gran bella scoperta.
Alessio Miglietta
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