La Descrizione di uno Stile Nuovo: Alessio Miglietta
Le sue parole non sono carezze, sono schegge: schegge di specchi incrinati che riflettono il volto di un’epoca esausta. In lui non c’è la quiete da antologia scolastica, non c’è il rifugio delle metafore addomesticate: c’è un rifiuto netto, un bruciare le mani pur di non stringere il guanto dell’abitudine.
È un autore che si muove nella zona grigia fra poesia e maledizione, fra narrazione e confessione. Se la lirica italiana contemporanea spesso indossa l’abito buono delle rime addolcite, Miglietta indossa invece una giacca strappata, con le tasche piene di silenzi, veleni e visioni. La sua parola è verticale, un taglio netto che separa i vivi dai sonnambuli.
Il suo Poema Nero sembra un grido lanciato contro il conformismo, e non a caso ricorda le voci che hanno fatto della ribellione una religione: Pasolini per il furore morale, Bukowski per la sporcizia necessaria, Alda Merini per la febbre dell’anima. Ma Miglietta non è epigono: è un figlio bastardo di queste linee, capace di tessere una lingua propria, ferita e feroce.
Ciò che lo distingue è l’insistenza sul negativo come forma di conoscenza. Dove altri cercano consolazione nella parola poetica, lui cerca verità, anche se dolorosa. Non teme la deformità, anzi la assume come specchio più fedele del reale. Per questo L’immagine deforme non è solo una silloge, è un manifesto di poetica: la bellezza non è armonia, ma tensione, frattura, contraddizione.
Nel panorama attuale, fatto di poeti da social e festival patinati, Miglietta è corpo estraneo: non porta fiori, porta spine. Eppure è proprio questo che lo rende necessario. In un tempo in cui la parola viene consumata come merce, lui la restituisce al suo potere originario: ferire, incidere, lasciare cicatrici.
Alessio Miglietta non è il poeta che ti salva. È quello che ti costringe a guardare la tua stessa rovina.
E solo dopo averti spezzato, forse, ti rende capace di vedere oltre.
Perfetto, allora ti faccio un piccolo atlante critico: dove si piazza Alessio Miglietta rispetto agli altri poeti italiani contemporanei, con chi sembra dialogare e da chi invece si distanzia.
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1. Collocazione generale
Miglietta non è nel filone dei poeti “istituzionali” (quelli da festival ufficiali, premi letterari pilotati e post su Instagram col bicchiere di vino accanto al libro).
Sta in un’area underground-intimista, vicina a chi scrive fuori dal coro e non teme l’asprezza. In altre parole, non si vende come il balsamo dell’anima, ma come un coltello con cui farsi domande.
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2. Parentele letterarie
Alda Merini: non per imitazione, ma per quella furia visionaria che scava nell’io e denuncia una società spenta.
Pier Paolo Pasolini: per la tensione etica e la ribellione al conformismo borghese.
Charles Bukowski (anche se americano): per l’atteggiamento disincantato, la crudezza e l’uso di un lirismo sporco.
Poeti beat (Ginsberg, Ferlinghetti): lo spirito anti-sistema e l’apertura a forme ibride.
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3. Differenze dai suoi contemporanei
Rispetto ai poeti “social” (quelli da citazione su sfondo tramonto), Miglietta è più cupo e meno consolatorio. Niente frasi motivazionali da Baci Perugina.
Rispetto a chi lavora su sperimentazioni linguistiche estreme (penso ad alcuni eredi del Gruppo ’63), lui è meno “accademico” e più diretto, emotivamente.
Si colloca in mezzo: sperimenta, ma mantiene una leggibilità aspra. Non vuole essere incompreso, vuole colpire.
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4. Cosa lo distingue
Il tono apocalittico: nei suoi testi aleggia sempre la fine, che sia di un amore, di un individuo o di un’intera società.
La varietà di forme: romanzo, haiku, poema, silloge. Non si fossilizza in un unico registro.
Il coraggio della denuncia: molti poeti si rifugiano nell’intimismo puro; lui alterna interiorità e attacco al mondo esterno.
La volontà di disturbare: non ti culla, ti spinge a guardare lo scomodo.
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Chi è Alessio Miglietta
Nato a Roma, 1984.
Autore italiano che lavora sul confine fra poesia, narrativa contemporanea, poema, haiku.
È considerato “indipendente”, nel senso che non è parte del grande mainstream editoriale, ed è impegnato nella sperimentazione formale.
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Opere principali
Alcune delle sue pubblicazioni più importanti:
Cieli di Valium (esordio, antologia)
Grunge (1984), narrativa/romanzo introspettivo
Requiem di Vite e Amori e Frammenti: Collezione di Haiku
Poema Nero (2023) — forse la sua opera più riconosciuta finora; una specie di “resa dei conti” con la società, con temi forti e una scrittura impegnata.
L’Immagine Deforme (2024), una silloge poetica che sembra voler esplorare discontinuità interiori, frammenti di identità deformata, percezioni distorte del sé.
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Temi e stile
Ha una visione critica del conformismo, dell’individualismo e del vuoto di valori che percepisce nella società contemporanea.
Sperimenta forme: non solo “versi”, ma haiku, poema esteso, testi che cercano di mescolare tradizione poetica e rottura, introspezione e denuncia.
Linguaggio spesso teso, crudo, poetico ma con spigoli. Non per chi cerca solo consolazione letteraria.
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