HO SOGNATO JOHN LENNON di Alessio Miglietta


Stanotte ho sognato di essere John Lennon. Avevo gli stessi occhi innamorati, gli stessi timidi lineamenti del viso, probabilmente gli stessi sogni, ma credo fosse semplicemente una sensazione della fase Rem, una di quelle capaci di accompagnarti per tutta la giornata successiva e di farti camminare a un metro da terra.
Avevo lo stesso desiderio, quello di cambiare il mondo.
Passeggiav(am)o tra gli ulivi tramortiti dal vento, con una chitarra acustica a tracolla, in un fresco pomeriggio di primavera, sovrastato da un sole tiepido che non aveva nulla di più da chiedere.
John ed io, con le anime finalmente congiunte, allineate, quasi fosse un'eclissi.


Poi le figure si sono divise, e mi sono improvvisamente ritrovato di fronte a John, in una sala da the, proprio nel cuore di New York City. Yoko non era al suo fianco, doveva essere sicuramente a fare delle commissioni, ma la cosa, apparentemente, non lo preoccupava.

Ognuno era tornato se stesso. Lui, il brillante cantautore dei Beatles, uscito dalla porta di servizio dello show-biz, ed entrato nel mito con il suo assassinio. Dall'altra parte c'ero io, lo scrittore semi-sconosciuto che voleva entrarci a tutti i costi, dalla porta principale. Del mito, ovviamente, ancora nessuna traccia.
    - Sai John, ho pensato di mandare al diavolo tutto e ritirarmi da questo sistema malato. - accennavo timidamente.
    - E perché, Axel, se posso saperlo? Non è il tuo sogno fin da quando eri bambino?
    - Sì, lo era, ma non so se lo sia ancora.
    - Non riesco a capire. - John Lennon mi guardava con la stessa sorpresa di quando si legge una cartolina proveniente da Honolulu.
    - Il problema è che a volte, credo sia il mondo stesso che non voglia cambiare.
    - Sono solo congetture, caro Axel. Il mondo si cambia, eccome. Tu non c'eri nel '65, non hai idea di quanta merda abbiamo dovuto mandare giù, i ragazzi ed io, per venirne fuori. Le sessioni di Amburgo,  per esempio. Ti garantisco che suonare per dieci ore consecutive ti toglie la voglia di fare il musicista. Poi è passato il treno giusto. Capisco che Love Me Do non fosse il massimo del rock, ma abbiamo individuato il target giusto per poter esplodere. I fatti hanno poi dimostrato che il mondo può cambiare. Chiedi a tuo padre se non mi credi.
    - John, il discorso è un altro - replicavo, mentre sorseggiavo il mio the nervosamente - non è questo che immaginavo quando ho iniziato a scrivere. E non venirmi a dire che musica e letteratura sono due emisferi opposti. La differenza è che nella scrittura, è come se fosse domenica, le corse dei treni sono notevolmente ridotte ... Credimi, non è un fattore di pigrizia o di vedute poco ampie. Vorrei solo avere l'occasione di dimostrare che la diversità di stile non è un calcio nelle palle, che non bisogna averne paura. Tu sei mancato negli ultimi trent'anni, e forse non sai che qui gira sempre la stessa roba e non c'è modo di uscirne ... In questo senso, sono molto meno Beatles e più Pink Floyd.
    - Tu sogni troppo, ragazzo mio ... - azzardava Lennon, accarezzandosi la lunga barba, imbiancata da tanti anni di paradiso - Vedi, se vuoi cambiare il mondo devi entrargli nel cuore e attaccare tutti i suoi organi dall'interno, è quello il segreto.
    - E i tuoi discorsi sulla pace? Vogliamo parlarne? Non è cambiato un accidenti di niente.
    - Quella è un'altra storia.
    - No che non lo è, chiedi a tuo figlio se non mi credi.
    - Mio figlio ... Quanto mi manca, Sean.
    - Pensa, come fisionomia è identico a te, in modo impressionante ... più avanza con gli anni, più ti somiglia.
    - Lo immagino. - diceva John Lennon, arrossendo come un adolescente innamorato.
    - Comunque, tornando a noi, nemmeno se mi facessi sparare da un esaltato, probabilmente, riuscirei a vedere la luce. Della ribalta, ovviamente.
    - Effettivamente, non sarebbe male il motto Kill Your Writer. Ma non te lo consiglio, ci sono passato ... Se vuoi cambiare il mondo, fallo con la tua scrittura, tutto il resto non conta, nemmeno la ricchezza o la fama.
    - Non ho mai puntato ai soldi, ma a uno stile che duri nel tempo. Un pò come i Beatles.
    - Sei stato sfortunato a nascere soltanto negli anni Ottanta. - diceva Lennon, come per prendermi in giro.
    - Parole sante.
    - Non doveva andare così.
    - Era inevitabile, John.
    Yoko giungeva alle nostre spalle, dall'esterno del locale, la vedevamo avvicinarsi a passi veloci verso di noi. Bussava dal vetro, facendo segno a John Lennon di tornare a casa.
    - Devo andare, Axel.
    - Hai ragione John, anche lei ha bisogno di te. Tornami a trovare quando vuoi.
    - D'accordo. E riguardati, sembri più vecchio dei tuoi ventinove anni.
    - Si, lo so. Me lo dicono in molti. Ci vediamo presto.
    - E non farti mai prendere dallo sconforto, perché hai un'idea di rivoluzione densa d'amore dentro di te, che non devi lasciare per strada. Non devi mai dimenticartene. Solo così potrai cambiare il mondo.
    - Non lo dimenticherò. Porta i miei saluti a Yoko.
    - Non mancherò. Addio Axel.
    - Addio John.
    John Lennon svaniva nel nulla, lasciando dietro di sè uno splendido profumo di rose rosse nell'aria.

    Restavo seduto al tavolo con le idee confuse, e tanti piccoli pensieri da far defluire all'esterno, pungenti come fumo negli occhi. Poi l'immagine sbiadiva, in fade-out, come un film che merita il sequel. 

L'alba mi accarezzava il viso come una madre amorevole, e non potevo chiedere un risveglio migliore al mondo. Vedevo la luce del giorno in una nuova, delicata prospettiva.

La scorsa notte è stata segnata da un fiume di lacrime, avendo ricevuto una recensione distruttiva da un poco diplomatico signor Nessuno, capace di dire che le persone non sono pronte per il mio stile, sottolineando come la letteratura sia a posto cosìe non abbia certo bisogno di altri pionieri.

Poi ho sognato John Lennon, e tutto ha avuto un senso. La perseveranza sarà diabolica, ma è l'unica arma di cui avrò bisogno, da qui in avanti. Non potevo chiedere un risveglio migliore al mondo.
Cercherò di ricambiargli il favore, destandolo dall'antico torpore.


Quando scrivo e sono ispirato, mi sento l'erede naturale di Jim Morrison.
Non per il quantitativo di amplessi, ma per la genialità.

Quando scrivo sotto vino rosso, mi sento l'erede naturale di Kurt Cobain.
Non per la voglia di uccidermi, ma per il desiderio di essere ascoltato.

Quando scrivo per amore, mi sento l'erede naturale di John Lennon.
Non per entrare nel mito, ma per il semplice romanticismo di un sognatore.

AM


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