UNA VISIONE DI CALCIO E DI MILAN di Alessio Miglietta

Sono un amante del calcio, fin da bambino. È il gioco che più di ogni altro sa avvicinare persone di culture, colore, nazionalità diverse. È IL linguaggio universale.

Talvolta diventa una vera e propria fede, come nel mio caso. Incantato da Marco Van Basten e da Roberto Baggio, prevalse l'olandese al fotofinish, decretando i colori che avrei seguito, nel bene o nel male, per una vita intera. Sono un amante del calcio, e ne ho viste tante nell'arco degli anni, in un'infinita altalena di gioie straordinarie e cocenti delusioni, ma fa parte del gioco. Si vince e si perde, anche se, possiamo dirlo, al momento del fischio d'inizio nessuno è per l'importante è partecipare.

Sono cresciuto con la solidità del Milan di Capello, ho ammirato la fantasia del Milan di Ancelotti, ho studiato l'estetica del Milan di Sacchi e, andando indietro nel tempo, del Calcio Totale dell'Olanda e dell'Ajax di Cruyff. Ho visto superpotenze giocare da provinciali e piccole realtà vincere campionati nazionali, ho visto catenaccio, contropiede, e lancio lungo per Ibrahimovic a scavalcare la difesa, che tanto poi ci pensa lui; ho ammirato le ragnatele di passaggi del tiki taka di Guardiola, mi sono divertito un mondo con il 4-2-fantasia brasiliano, e detestato i celebri pullman davanti la porta di Mourinho, che tuttavia, vincendo, gli hanno dato ragione.

Ora che il mio Milan arranca infinitamente in un periodo davvero complicato, sono ispirato dall'Atletico Madrid di Simeone e dal Siviglia di Emery (per inciso, quanto mi manca Rami), dove mancano i grandi nomi ma non la grinta e il veleno con cui affrontare gli avversari, dove si attacca in 11 e si difende in 11, correndo per 95 minuti e lottando su ogni dannato pallone, anche se per metà oltre la riga di gesso del campo.

Ecco, vorrei che il mio Milan fosse così, come le due squadre spagnole più umane o come l'attuale Liverpool, altra nobile decaduta rivoluzionata, smantellata, ma che almeno ha mantenuto lo spirito guerriero. Lì i tifosi non chiedono lo scudetto, ma pretendono la maglia intrisa di sudore, gli occhi della tigre di Rocky Balboa; e non a caso è arrivata la prima finale europea dal 2007 (la nostra famosa vendetta di Atene).

Vorrei un Milan lottatore, un Milan con un cuore grande, mai intimorito, mai sconfitto in partenza, con la voglia di mettere su i muscoli per la squadra che verrà. Perché il Milan che verrà sarà sano e consapevole, ordinato e basato sul collettivo, capace di sovvertire i pronostici e di farmi ricordare con amore, senza più rimpiangerli, i campioni che hanno scritto le vittorie di ieri. Dalla grinta germoglierà il gioco, e dal gioco fioriranno le vittorie: eccolo il mio sogno, un Milan granitico, arcigno, ma fluido, veloce, esteticamente irresistibile.

Sono un amante del calcio, e mi piace da impazzire giocarlo (sia a 5 che a 8), nonostante abbia la stessa età di Montolivo.
Quando indosso quella maglia (la divisa rossonera dell'ultimo scudetto con Ibra) sento di avere un'armatura addosso, anche se sono sfide tra amici non riesco a pensare di poter perdere, o di rinunciare a recuperare un pallone; nonostante sia un attaccante so di dover correre fino alla mia porta per proteggerla in fase difensiva. Alla fine della partita, stremato, dopo aver dato un bacio allo stemma come da rituale, mi chiedo sempre perché il mio capitano (la "c" è volutamente in minuscolo) non si sbatta allo stesso modo per la nostra amata squadra.
Poi mi rendo conto che l'amore è una brutta bestia, che io sono soltanto un tifoso e che sono io quello che arriva a fatica a fine mese, non certo il nostro numero 18.

Nonostante questo, ho chiesto alla mia ragazza di sposarmi perché, oltre a essere bellissima e cucinare divinamente, ama il calcio come me e ha capito subito il concetto di fuorigioco, quindi è la donna giusta. Ha solo un difetto, è juventina ... e passerò sopra anche all'immensa delusione del 21 maggio. Mi sarebbe piaciuto vedere Christian Abbiati sollevare la Coppa Italia al cielo di Roma, ma ormai è andata, anche se la speranza per il futuro sarà sempre l'ultima a morire. Perché sia chiaro, prima o poi ci rialzeremo, e saranno dolori per tutti.

Sono un amante del calcio, fin da bambino. Spero sia sempre poesia, e che sia sfumato di rossonero.

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