A UN PASSO DALLA (RI)NASCITA di Alessio Miglietta

Ho 36 anni, e sto per diventare padre. Tanti direbbero "meglio tardi che mai", tanti altri mi farebbero gli auguri, altri ancora direbbero semplicemente "cazzi tuoi". Io già immagino il sorriso smagliante di Aurora preso in prestito dalle stelle, un universo parallelo che mi riempirà le mani e il cuore, una parte di lei che sarà parte di me.

Ho imparato che c'è da combattere, anche se non so ancora come doverlo fare. Combattere per la resistenza o per la vittoria? È il dubbio di una vita. Cosa poter dare a mia figlia come armatura per esistere.

Da tempo non c'è ambizione in me, non vedo più il senso delle cose, quindi non ho nulla per cui vincere se non Aurora, da quando sarà al mio fianco.

Ho imparato l'arte del silenzio, del non espormi, del trattenere ogni dannata emozione. Ho imparato a non mostrare più di avere un'opinione, perché non serve a nulla ostentare le proprie ragioni a tutti i costi.
Fare contenti tutti con un bel "sì" e levarseli dai coglioni mi ha sempre fatto sembrare di poter respirare. Sono consapevole di quanto questo processo sia però nocivo, e so che mi condurrà alla morte attraverso una vita lunga, fatta di frustrazione e intolleranza.
Dicono tutti che sarò un pessimo vecchio. Anche il mio corpo nei giorni dispari rincorre la resa attraverso strani dolori, che incendiano ogni terminazione nervosa e muscolare, scontrandosi con l'orgoglio della mente, che si ostina, e mi porta a tenere duro ad ogni costo.

Ho cercato perennemente me stesso, oppure qualcuno, o qualcosa, a mostrarmi la via, che tutte le cose per cui mi sbatto diligentemente ogni giorno servano davvero a qualcosa. Perché ci insegnano a impostare la vita in un certo modo (studio, lavoro, casa, matrimonio, figli), secondo determinate regole, percorrendo precise strade.

Ma capita che alcune strade ti facciano sbandare, che il dolore prenda il sopravvento, perché nessuno mi ha mai insegnato a volermi bene, ad amarmi. Cosa per niente facile, che forse solo un genitore può fare.

È così che un bambino sorridente si eclissa a sei anni, generando una moltitudine di conflitti interni rimasti inesplosi. Una morte prematura, un'inesorabile involuzione.
Il bambino cresce, si crea la sua corazza, eppure il dolore si fa più pesante, e si addensa. Da ragazzo diventa uomo, ma il dolore è ormai tutt'uno con la corazza, è parte di tutto il meccanismo. 

Un bel giorno l'uomo si guarda indietro e si accorge che venticinque anni sono scivolati via. Inizia quindi una corsa interiore per andare incontro a un sole che in realtà non si raggiunge mai, perché sta tramontando, e facendo il suo giro, per spuntare ancora una volta alle sue spalle.

A un certo punto, al limite delle forze, ho smesso di correre, di guardare avanti e di cercare speranze, lasciando la zattera in mezzo al mare in tempesta.
Ho tentato l'accanimento terapeutico. Come con la testa tenuta sott'acqua e alla continua ricerca di una boccata d'aria in superficie.
Ho sempre pensato di essere un condensato di infelicità, una persona che è sempre dovuta essere a modo quanto più possibile, impenetrabile dall'esterno ma con strati di tristezza tanto spessi da non poter essere scalfiti.

Concentrato di ansie e visioni pessimistiche del futuro. Eppure mi sono sempre detto che puoi prendere tutti i colpi del mondo, ma non bisogna mai perdere la forza di combattere. E lì torniamo all'inizio del cerchio. Combattere per la resistenza o per la vittoria?
Forse entrambi, perché per Aurora ho resistito, sono ancora in piedi, e Aurora stessa sarà la vittoria.

Aurora è ancora nella pancia, al sicuro dal mondo, eppure la mia corsa all'oro è già iniziata, nemmeno fossi alle olimpiadi. Progettare, prevenire, proteggere, mutare, scegliere di vivere.
Influenze del campo di battaglia.

Forse Aurora riuscirà a tirare fuori l'arcobaleno dai miei colori scuri, un sorriso o anche solo la voglia di iniziare una nuova giornata, episodi finora rari come i denti di gallina.
Il fatto è che non so ancora che tipo di padre sarò, è tutto così nuovo per me, e le novità spesso mi spaventano.
Vorrei un cambiamento capace di darmi una spinta che somigli a uno slancio, spero che avere una bambina me lo possa finalmente regalare, fiore nuovo nato dall'asfalto della vita. Poter dedicare la mia vita a mia figlia senza malinconie, senza la paura di non essere all'altezza, o di potermi perdere.

Perché Aurora sarà la strada che mi riporterà verso casa, verso la pace, verso la spensieratezza. L'ultima speranza da cogliere, per iniziare a splendere.

Ti aspetto Auri, non vedo l'ora di vederti.

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