RUGGINE di Alessio Miglietta


Ho seriamente paura che qui dentro qualcosa non funzioni. Non so nemmeno da dove ti stia scrivendo. Non ho nitida la mia posizione in questo momento. In realtà, questa sensazione è presente da svariati anni.

Questo corpo è tutto cuore e muscoli, elementi che dovrebbero essere fluidi, come acqua di sorgente. Questa mente con il suo pensare dovrebbe invece apparire salda come pietra, e creare le fondamenta di una persona perbene.
Eppure ho paura. Che qui dentro qualcosa non funzioni.

Quindi è nel cuore o nella mente l'anomalia?
La mia ossessione per la morte mi terrorizza ed entusiasma al tempo stesso. A neanche quarant'anni credo di non aver dato contributo in niente, quasi a non aver sposato nessuna buona causa. Eppure un'etica d'acciaio è l'architrave su cui la mia intera esistenza si poggia. Si è lesionata numerose volte, ma ho trovato la giusta formula per collegare tra loro i pilastri: l'amore, la bellezza, la giustizia e, per l'appunto, la morte, perché è sacrosanto che ogni cosa abbia una fine.

C'è qualcosa di prezioso e diverso stavolta. Sono riuscito a vederti, anche se solo per un attimo. Eri dietro uno spigolo del cuore.
C'era ruggine nei tuoi occhi buoni, il tuo argento non splendeva più. Per nascondere quella corrosione hai preferito non farti più vedere allo sguardo umano, e io al tempo stesso, man mano che crescevo e invecchiavo, ho scelto non cercarti più in quel degrado, tra quelle briciole di metallo. Ho sempre provato pietà per te, non prestando attenzione alla tua innata forza, al tuo sorriso lucente. Poi tutto si è spento.
Sarebbe bastato tenderti la mano per non perderti in quella foresta nera come la notte.
Bambino d'argento, quanto mi piacerebbe prendermi cura di te ora che sono padre. Saresti il figlio maschio che non ho mai avuto, pieno di curiosità e talento. Saresti una delle menti migliori della tua generazione.
Sei stato esposto all'umidità di una famiglia che non aveva ragione d'esistere, e dalla quale dovevo aiutarti in qualche modo a desistere, perché specchio di una società che ti ha sempre emarginato e fatto sentire a disagio.
Sei stato obbligato a lasciare il tuo ambiente per avvicinarti a una località di mare, che con i suoi sali, ha solo velocizzato il processo.
Ti sei imposto di bloccare ogni emozione ed essere impermeabile a ogni dolore della vita, ma il contatto con l'acqua avveniva lo stesso, a causa delle lacrime che sgorgavano all'interno. Pensavi poi che l'ossigeno fossero tua madre è tuo padre. E questo è il risultato: ruggine.
Il bambino d'argento è diventato un uomo con una maschera per ogni stagione, neanche fosse presa dal miglior Pirandello.
Maschera che permette di sopravvivere nel mondo attuale, ma pur sempre corrosa dalla ruggine.

Così te lo chiedo di nuovo: è nel cuore o nella mente l'anomalia? Forse ci siamo semplicemente divisi i territori. Tu hai preso il lato del cuore, rimasto candido e ingenuo ma anche lasciato in balia degli eventi.
Io mi sono spostato nella "città" della mente, alla ricerca di nuove prospettive per dimenticare il passato, trovando invece solo dolore, e tristezza per non averlo mai compreso.
Ma tu mi hai permesso di innamorarmi e creare una famiglia veramente mia; io ti ho semplicemente fatto svanire in una nebbia di compassione e sensi di colpa. La nostalgia ha fatto il resto. La ruggine non ha fatto altro che accumularsi sul fondo.

Ora parlo con te durante i tepori della notte, ti dono le mie risposte, ti svelo i miei ultimi sogni e il dolore passa via anche solo per un attimo, come un unguento su una bruciatura.
Ne ho cercata di gente come te, restando sempre deluso
dal non averne trovata mai.
Ti guardo negli occhi, ti guardo le mani e poi i piedi, scottati dal sole. Questa vita sembra aver portato via, progressivamente, tutti i nostri desideri.
Ma restiamo qui a parlare, davanti a un fuoco acceso, nella notte al replay, con la terra e i sentieri ancora caldi per la forte arsura d’agosto. Con il tempo che, per una volta,
evita di scivolare via.
Se solo trovassi le parole adatte sarei meno ambiguo nei tuoi confronti. È parte di me quest’espressione, forse è un cromosoma difettoso, ma mi permette di non scoprirmi troppo. So che con te non dovrei farlo, ma forse è una questione d'abitudine.
Tu tenti di leggermi i pensieri, senza fortuna, mentre io mi nascondo dietro una sigaretta immobile.
È quasi l’alba, e un nuovo giorno ha fretta di riaverti.
Ma tu non sorridi, sotto questa porpora di seta, macchiata dal rimpianto di non conoscermi affatto.
Eppure l’hai creduto per anni. Anche per me è stato così.

In questo ponte per il delirio possiamo guardarci dagli estremi, provare ad avvicinarci passo dopo passo, rischiando solo di cadere, o di ritrovarci una volta per tutte. 

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