Perché tanto pessimismo? Ecco la mia risposta.
Molti mi chiedono i motivi del mio estremo pessimismo, e il ruolo del dolore nella mia scrittura.
Ci ho pensato a lungo, ed è arrivata la risposta, rimasta spesso intrappolata in una vera del cervello, che non è legge, sia chiaro, ma un'interpretazione puramente personale e dannatamente umana.
La scrittura è un atto di metamorfosi. Non è solo un mezzo per esprimere il pensiero o comunicare emozioni, ma un rituale in cui il soggetto e l’oggetto si mescolano, si confondono, si scambiano di ruolo. In particolare, nella poesia, non mi vergogno di mostrare le ferite, ogni sensazione si riflette e si perde nel testo, mentre il testo stesso si umanizza, si anima, diventa un’estensione viva di chi lo ha generato. È questo processo, insieme al terreno oscuro e fertile che lo alimenta, che desidero esplorare da sempre.
C’è un’energia primordiale che accompagna l’atto creativo, e questa energia è spesso partorita dal dolore provato nella vita, poi dalla solitudine; non intesa come vuoto relazionale, ma come spazio interiore, come isolamento dal rumore del mondo per scavare nel profondo, dove risiedono le verità più intime e inconfessabili. La solitudine diventa, allora, una condizione necessaria per il processo artistico, un abisso che mi obbliga a confrontarmi con me stesso, a guardarmi senza filtri, a trasformare il silenzio in parola.
Ma che ruolo ha il dolore in tutto questo? Se la solitudine è il grembo del gesto creativo, il dolore ne è il cuore pulsante. "Tu sei il tuo dolore" è una frase che mi sono ripetuto spesso, non è solo una serie di parole, ma una condizione esistenziale.
Tutti noi siamo i nostri traumi, le nostre mancanze, le cicatrici nascoste sotto la pelle. E io mon faccio eccezione.
Per quanto mi riguarda, attraverso la scrittura, posso dare una forma a quel dolore, a tradurlo in esperimenti, significati, offerte di pace e di rivolta.
Oggi ho il mio stile, non sono Baudelaire né Kurt Cobain, ma sono me stesso, ho imparato a conoscermi in un viaggio tra specchi e tenebre. Non si tratta di fornire risposte, ma di aprire spazi di riflessione, di lasciarsi interrogare dalle dinamiche invisibili che muovono la nostra breve vita. Ai lettori, dunque, non propongo una mappa, ma un invito a perdersi. Perché, in fondo, è solo nel perdersi che possiamo davvero ritrovarci.
AM
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