Nuova Recensione per L'IMMAGINE DEFORME, di Silvia Ferretti
Opera in versi, dove il tormento sprigiona le sue abilità e lancia il contagio, tramite le proprie spore, in una poesia essenziale e acuminata. Il poeta ci serve un'immagine deforme e ci invita a guardare la vita con altre lenti, cambiare prospettiva, inclinare l'angolo, capovolgere il disegno, cercare tra gli elementi messi in ombra e i particolari il significato nella sua totalità, finché l'immagine deformata in focali rocambolesche non possa divenire l'immagine stessa nella sua forma più originale e primitiva. Una fatamorgana ferma i dettagli a mezz'aria, si sale su una montagna russa vertiginosa, rappresentata dalla ricerca di se stesso e della redenzione individuale e collettiva. Salite lente e discese a rottadicollo, i bulloni delle giunture d'acciaio sembrano traballare e stridono al passaggio del carro, sembrano piangere sfogliando un almanacco di ataviche colpe. Chi è senza colpa scagli la prima pietra e chi si trova di passaggio corre il rischio di essere lapidato. La gaiezza non ha la carta d'imbarco e non sale a bordo, l'ombra satura la luce, il dolore sfila in un carosello di cicatrici, il puzzle si completa partendo dai bordi, l'immagine deforme appartiene a ognuno di noi, ci ristagna dentro, e per osservarla dobbiamo essere disposti ad aprirci, in primis a noi stessi e poi al mondo.
La poesia di Miglietta si mostra congeniale allo scopo, solca un canto di miserere profondo e colpisce, colpisce e continua a colpire anche quando l'avversario ha esalato il suo ultimo respiro.
L'avversario è l'immagina riflessa nello specchio, un nemico che più combattiamo e più ne abbiamo bisogno. La poesia è il mezzo, noi i vettori e, come tali, abbiamo l'obbligo di raccoglierla e ospitarla per comprendere la direzione.
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